Dietro lo schermo dei Social Network. Identità, privacy e responsabilità nell’era digitale

Venerdì 13 e Sabato 14 aprile 2018, insieme alla Dott.ssa Anna Maria Taroni, arteterapeuta, abbiamo incontrato i ragazzi di prima e seconda superiore dell’I.T.S. A. Oriani di Faenza per condurre il laboratorio “Dietro lo schermo dei Social Network – Identità, privacy e responsabilità nell’era digitale”, workshop di arteterapia e legalità programmato nell’ambito del Festival della Comunità Educante promosso dalla città manfreda.

I ragazzi, grazie al percorso “interattivo” proposto, hanno iniziato a toccare con mano l’intricato mondo della vita “on line”, a rendersi conto che la vita “virtuale” è strettamente interconnessa con quella “off line”, che il primo può avere pesantissime ricadute sul secondo e che occorre acquisire fondamentali competenze digitali per muoversi con responsabilità e consapevolezza sul web e, in particolare, per usare i social network con accortezza, evitando pericolose ricadute sulla vita propria e su quella degli altri.

Il workshop è teso a creare un momento di confronto coi ragazzi su tematiche di strettissima attualità quali quelle proposte, che celano, dietro all’apparente immediatezza e semplicità della fruizione delle tecnologie informatiche, dinamiche e processi estremamente complessi che hanno modificato radicalmente i paradigmi della comunicazione moderna, con evidente impatto in tutti gli ambiti della vita e delle modalità di esplicazione del consorzio sociale.

La cosiddetta grande rivoluzione digitale, che ha appunto permesso la digitalizzazione della vita quotidiana di miliardi di persone in tutto il mondo, ha reso sempre più evidente la necessità di attivare momenti di riflessione sia sulla attuale scarsissima responsabilità e lungimiranza circa gli effetti del proprio agito “on line”, sia sul rispetto delle regole (di diritto, di buon senso, di corretto ed etico relazionarsi all’interno delle società civili, ecc.), sia sull’impatto psicologico che tali tecnologie hanno sulle persone.

Questa esigenza è avvertita non solo dagli educatori e, sebbene ancor troppo poco, da alcuni genitori, ma anche dagli stessi “nativi digitali”, che con le NMT (network & mobile technologies) convivono strettissimamente, avendole totalmente integrate all’interno degli spazi della loro vita.

Anzi, sono proprio loro, i ragazzi, che dimostrano spesso di aver compreso i potenziali rischi connessi all’abuso o a un utilizzo non sufficientemente consapevole di questi strumenti e che attendono dagli adulti (in primis dai loro genitori, ma anche dagli educatori e da chiunque abbia approfondito la materia) modelli comportamentali da adottare.

Siamo noi, in sostanza, che dovremmo dare loro il buon esempio.

Privacy, vamping, sexting, identity theft, cyberbullismo, curriculum digitale, capacità di agire, obbligazioni contrattuali, reati, sono solo alcune delle questioni giuridicamente rilevanti trattate.

Ma questo progetto, oltre a far luce sulle criticità collegate al mondo del “diritto” lato sensu, mira a stimolare opportune riflessioni e prese di coscienza di carattere ancora più ampio, e qui sta il valore aggiunto dell’arteterapia.

Dal confronto diretto e franco con i ragazzi emergono sempre interessantissimi spunti di riflessione, sia per noi che per loro, che ad esempio hanno affermato che il tempo passato con lo smartphone in mano serve a “riempire la solitudine”, che hanno riconosciuto “la perdita della propria realtà sui social” e il fatto che “praticamente è come se fossimo in prigione con la nostra mente”.

Di fronte a simili acutissime osservazioni non ci si può limitare ad impartire precetti e lezioni di comportamento, ma occorre altresì integrare il momento educativo attraverso una “pars construens”, rimandando il concetto che esiste la possibilità di scegliere se vivere una vita, mi si passi il termine, “ibridata” col virtuale e completamente digitalizzata, dove spesso ahimè il vero si confonde con l’illusione e l’ambiguità ed il fraintendimento sono all’ordine del giorno, oppure una vita reale, dove ci si mette in gioco, ci si sperimenta nel fare, ci si confronta con gli altri occhi negli occhi, si utilizzano tutti e cinque i sensi, si recupera anche il rapporto con la natura ed un modo molto più proficuo di intessere umane relazioni, lasciando alle tecnologie e alla comunicazione mediata un giusto spazio non totalizzante.

I ragazzi hanno bisogno di momenti di confronto come questi, di mettere le mani in pasta per orientarsi nei labirinti della vita.

Noi riteniamo che esperienze del genere abbiamo un fortissimo valore pedagogico e ci impegniamo per migliorare costantemente questo servizio.

Stefano Franchi e Anna Maria Taroni

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